quasi tutte cose che so per sentito dire perché mi intendo pochissimo di amanti

Nel momento della passione, si sa, ognuno si comporta a modo suo e, purché si sia contenti entrambi, va tutto bene.

Ce n’è per tutti i gusti:  partner inutilmente chiacchieroni e altri esageratamente muti. Certi così rumorosi da farti vergognare con i vicini e altri silenziosi che ogni tanto devi controllare se stanno dormendo. I fantasticatori che si vivono tutto un loro film nella testa mentre gli stai facendo delle cose e quelli che guai a perdere la concentrazione un secondo da quello che si sta vivendo lì per lì. Quelli iperattivi e gli altri, che amano prendersi il gusto senza la fatica. Gli instancabili, i pigri, i promettitori, gli intransigenti, gli sperimentatori, gli abitudinari, gli schizzinosi, gli impavidi, i seriosi e quelli che giocano.

Le parole, uno in quei momenti chissà come le sceglie. Le sceglie o vengono un po’ come vogliono? A qualcuno piacciono le parole sconce, gli ordini perentori, la violenza verbale in sostituzione o in associazione a quella fisica. Altri amano le parole dolci, le frasi d’amore, la tenerezza al limite del mieloso.
Poi c’è mio marito, né zuccheroso né aggressivo, che sa scegliere sempre le attenzioni giuste al momento giusto, e adeguare le parole alla situazione. Voi neghereste qualcosa ad un amante che durante un amplesso vi sussurri, con spontanea dolcezza e tuttavia anche maschia convinzione, come si conviene ad un uomo deciso ma delicato: “Ti prego non dimagrire”?

e pensare che non abbiamo nemmeno la comunione dei beni

Non ho mai fatto mistero della mia convinzione che il matrimonio abbia ragione d’essere, anche se oggigiorno non va più molto di moda promettere cose che non si sa se saremo in grado di mantenere.
Posso anche capirlo.
Però credo che le promesse valgano comunque come intenzioni, anche quando (capita) vengono a crollare sotto il peso delle nostre debolezze, o semplicemente dell’impietoso intervento del tempo, che cambia gli aspetti del nostro panorama sentimentale anche contro il nostro volere.

Penso di essere come quei cani (anche il mio è così) che senza collare si sentono cani di nessuno: io il vincolo matrimoniale, che molti considerano un inghippo burocratico del tutto superfluo, e anzi deleterio nel momento in cui si abbia bisogno di scioglierlo, lo sento come un segno tangibile e confortante di appartenenza. La fede al dito mi fa lo stesso effetto del collare per il mio cane, significa sono tuo, dentro al collare c’è un numero di telefono, dentro la fede c’è un nome.

Stavo pensando a questo stamattina mentre rifacevo il letto, perché secondo me il luogo in cui si compie la definitiva perdita di completa individualità (so che questo vi fa paura ma a me no) è proprio quello: quando, il giorno in cui cambi le lenzuola e la sera ti metti a letto, aspetti quella mezz’oretta che impiega l’odore di due persone a fondersi in un odore solo e a sostituire il profumo delle lenzuola appena lavate, che è un profumo gradevole ma asettico.
Ecco, io il matrimonio lo vedo come il profumo dentro al letto: non è il mio, non è il suo, ma il nostro.

vista da questa prospettiva

Quando decidi di riprodurti devi mettere in conto che passerai non una fase ma diverse fasi in cui ti sarà impossibile fare la vita a cui eri abituato. Ti verrà naturale cercare di appropriarti degli spazi necessari come individuo e come coppia ma non sarà mai, per molto tempo, la stessa cosa. Ci saranno di continuo nella tua testa, per prima cosa, quei cosi piccoli che ti somigliano e che ti costringeranno a fare delle scelte, talmente spesso che poi fare delle scelte, numerose volte al giorno, diventerà la tua normalità. Una normalità viva e gioiosa, se l’hai voluta, ma anche faticosa e frustrante, spesso.

Se hai la fortuna di poterti permettere una baby sitter o hai una nonna attiva e disponibile capiterà, come prima, che tu possa uscire in coppia per andare al cinema, a teatro, a cena. Però saranno occasioni meditate, valutate, soppesate, cercando compromessi, accettando rinunce, schivando imprevisti: lontane quindi dall’incosciente spensieratezza di un tempo, quando contavi magari le monete nel salvadanaio per andare al cinema ma eri del tutto padrone del tuo tempo libero.

Ecco: noi (noi gli Splendidi) quest’anno dopo un sacco di tempo ci siamo fatti la tessera per una rassegna al cinema e (quasi) tutte le settimane riusciamo a trovare la (quasi) totale spensieratezza per goderci la libertà di guadarci insieme dei film imperdibili ma anche no, sapendo che i nostri figli sono abbastanza grandi da sopravvivere a casa da soli una sera, e anche di arrangiarsi per mangiare se serve, e magari a voi non sembrerà questa gran cosa, invece per me è una delle (ritrovate) gioie della vita coniugale.

non so se si capiva che volevo dire grazie

Non capisco perché stai sempre a lamentarti – mi dice – Secondo me nuda sei bellissima
Lo vedo dalla sua espressione che lo pensa davvero, non so se rispondere che mi piacerebbe anche essere decente da vestita. Invece i vestiti non sembrano mai fatti per me: troppo lunghi, troppo stretti, troppo larghi nei punti sbagliati, troppo imperfetti sempre. Certe volte mi viene da pensare di essere io quella sbagliata.

Allora se rispondo rispondo piano, in realtà indugio su quello sguardo lì che è uno sguardo che fa bene, poco importa se magari è condizionato dal momento, dalla tenerezza, dal languore. Perché questa cosa che è vera e non vera nello stesso tempo mi fa sentire una donna perfetta.

nel dubbio

Metti che non sai se è una giornata in cui mi piacciono le chiacchiere o i silenzi; metti che non capisci se cerco lo svago o la concentrazione.
Metti che l’umore, chissà se è buono o rovescio, magari altalenante, come capita a volte, spesso, sempre no.
Metti che ti chiedi se è un momento da baci, da sesso, da lasciami stare; metti che non sai se aspettarti che stia sveglia o che mi addormenti da un momento all’altro.
Metti che forse ho voglia di compagnia, forse che stiamo soli, non si capisce.
Metti che non lo sai, che da fuori non si vede, che non mi esprimo, che magari non lo so nemmeno io,

 

 

tu, nel dubbio, toccami.

feeling good

Qualche giorno fa ho ricevuto da un amico una mail di 50 parole, compresi i saluti. Uno dice, in una mail di 50 parole non ci sarà scritto quasi niente; invece ci sono persone che sono abituate a comunicazioni scarne, e che in 50 parole ci fanno stare un sacco di cose, se vogliono.
C’era scritto, nella mail: “Con mia moglie ultimamente si sta un gran bene”. Io ho pensato che in questa frase ci fosse tutto un mondo, di sollievo, di rilassatezza, di confortevole appagamento; e che questo fosse tanto più apprezzabile in quanto scritto da uno che normalmente non si sbrodola in confidenze. Mi sono chiesta, chissà se gliel’ha detto, che si sta così bene, o se per scaramanzia o per paura con lei non ne parla. Ché io, per esempio, quell’errore lì lo faccio sempre, e quando penso che sto bene mi sembra che si debba capire da fuori, e invece no.

Poi ieri, che coincidenza, un altro uomo (il mio) mi ha detto all’incirca le stesse cose, e parlava di me. E ho riconosciuto il sollievo, la rilassatezza e l’appagamento e mi è sembrato bellissimo, sentirmelo dire. Io, poi, forse sono stata zitta perché mi son tuffata dentro a un bacio. Faccio sempre lo stesso errore, ma secondo me si capiva, che quella era la risposta.

Feeling good

bisogna farlo di pomeriggio

Il sesso, in effetti, è un po’ come la scrittura: ci sono giorni in cui ne hai voglia, giorni in cui non ne hai, giorni in cui ne avresti voglia se trovassi il momento, la concentrazione, la collocazione appropriata.

La donna, in quanto essere squisitamente in balia degli eventi naturali, delle fasi lunari, dei ritmi circadiani, la sera è portata ad accasciarsi in uno stato prossimo all’atarassia o al catatonismo, da cui è arduo distoglierla; l’uomo, non si sa come, è sveglio come un grillo e non si capacita dello scarso o nullo interesse che la sua donna dimostra di fronte alle sue avances amorose.
Questo perché il momento, la concentrazione, la collocazione ideali (per il sesso, non per la scrittura) secondo me si trovano di pomeriggio.

 Mi direte che è un po’ poco per risolvere i problemi del mondo. Dipende dai punti di vista: se partiamo dal presupposto che tutti gli uomini si lamentano, si son lamentati o si lamenteranno, presto o tardi, per la scarsa disponibilità erotica delle loro consorti, compagne o fidanzate di lungo corso, allora la soluzione di questo dramma dell’incomunicabilità potrebbe rivelarsi rivoluzionaria.

 Mi direte che si fa presto a dire pomeriggio, ma le persone normali di pomeriggio lavorano. Lo so: se non si ha la fortuna di orari flessibili e segretarie collaborative è necessario approfittare del fine settimana; nel qual caso il pomeriggio può anche acquistare una durata più che dignitosa, contrariamente al resto della settimana.

 Mi direte che ci sono degli impedimenti sotto forma di figli che di pomeriggio hanno la pessima abitudine di girare per casa. A questo proposito ho deciso che la playstation, il computer, la televisione, i cugini e, in misura minore ma comunque significativa, i compiti per le vacanze sono stati inventati allo scopo di distrarre la prole per il tempo necessario affinché i genitori abbiano la possibilità, previo barricamento in camera da letto, di svolgere i loro amorosi impegni.

 

P1020699Io ve lo dico: funziona molto meglio, di pomeriggio.

 Soprattutto se si dispone di un cartellino sulla porta come il mio (fatto da Lorenzo per la festa della mamma, ma perfetto per l’occasione)

 

non so se mi devo dare un pizzicotto

Una cosa che voi non potete credere è che in tutto quel che contenti, che allegria, mi piace la tua faccia, hai una bella voce, ti facevo più in carne, hai ragione a dire che sei nanerottola (e questa era per me); di tutto quanto la cosa che a me fa un piacere inestimabile e incredibile è che io questa cosa la vivo con lui e ne vedo solo i lati positivi

bisogna educarli da piccoli

E poi ci fu, quindici anni orsono, la prima notte di nozze. Ne vogliamo parlare?

La prima notte di nozze, una volta, secondo me aveva il suo bel perché: dopo che avevi passato mesi o anche anni a guardarti da lontano e a sfiorarti le mani di nascosto, nei giorni in cui i genitori si scordavano di sguinzagliarti dietro orde di fratelli più piccoli, ti trovavi finalmente a casa tua e fuori tutti; tu e lui e insomma, improvvisamente soli, capisco che non si potesse attendere un minuto di più.

 Noi dopo quella giornata lì, quando ci siamo trovati da soli, è stato per scoprire che avevamo una tenda al posto del letto, e io non so se fosse perché ero stanca morta, ma pur di non fare la fatica di smontare la tenda e rimettere il materasso giuro che se la temperatura non avesse sfiorato i 2000° ci avrei dormito dentro. Insomma dopo tutta la giornata di emozioni e amici e mal di stomaco (ché io ero agitata forte, l’ho già detto) e smonta la tenda, finalmente avevamo un letto e credo che dopo un microsecondo il mio novello sposo abbia capito che dormivo. Va detto che la mia intenzione era appunto quella di mettere la testa sul cuscino e svenire tra le braccia di Morfeo. Anche perché, diciamocelo, nei nove anni precedenti noi non è che ci fossimo sfiorati le mani di nascosto e quindi onestamente la mia priorità in quel momento era il sonno.

 Epperò gli uomini voi li conoscete. Nel cuore della notte sento quello che dorme impunemente nel mio letto che mi importuna ripetutamente fino a svegliarmi. È la nostra prima notte di nozze, dice, non vorrai mica dormire tutto il tempo?

Beh, quella notte credo di avergli fatto il più grande cazziatone della mia vita.

e comunque non ero io quella che voleva scappare davanti all’altare

Io 15 anni fa a quest’ora, ma anche nelle ore e nei giorni precedenti, un po’ di panico ce l’avevo. Era il panico delle cose definitive, ché se quando ti sposi lo fai con una certa convinzione non puoi non avere la sensazione di trovarti sull’orlo del burrone. È il burrone delle cose che non sai, che non puoi prevedere ma che di sicuro prima o poi succederanno: cose belle e anche bruttissime; dolori da condividere o entusiasmi da raccontare; momenti di simbiosi e anche giorni di incomunicabilità assoluta. C’è di tutto, in un matrimonio, per fortuna: è quello che rende la quotidianità movimento, accadimento, vita.

E io in questi quindici anni non mi sono pentita mai, di trovarmi dentro a questa storia.

Ecco, volevo dirlo allo Splendido: che se mi prepara la carta io stasera gliela firmo per altri quindici così.