come liberarsi di un pensiero scomodo

Allora: lo prendi e lo metti nella scatolina più piccola che trovi. Minuscola, dev’essere. Così piccola che quando la nascondi poi non la trovi più. Un sacchettino di garza, no: non va bene. Potrebbe uscire senza che te ne accorgi, se ha le maglie larghe. Dev’essere una scatola con il coperchio, o un sacchetto di una tela spessa e molto fitta, e chiuso molto bene, con lo spago tutto intorno, stretto stretto. L’importante è che quando poi l’hai chiuso tu non abbia la tentazione di guardarci di nuovo dentro, per controllare. Chiudi e basta. Capito? Guarda che è importante: se guardi dentro è finita. Allora, riepilogando: scegli la scatolina, lo chiudi dentro, lo nascondi in un posto che poi non ti ricordi e vai a fare un’altra cosa. Una cosa bella.
Poi stai meglio.

dilemmi

Mi ritrovo intenta in una riflessione che per qualche motivo mi sfiora da giorni. Sul fatto che qualche volta devi scegliere se dire di sì o di no, e puoi scegliere se dire di sì se non vedi ragione di dire di no, o di dire di no se non hai un buon motivo per dire di sì. Credo che con questo sistema si possano individuare due correnti di pensiero abbastanza distinte.

Torno a pensarci, va’. Voi intanto schieratevi.

mi sa che non viene più nessuno

Gli ospiti sono una bella cosa perché quando hai gente per casa ti senti sempre come fosse vacanza: le giornate prendono quell’andatura lenta che dilata il tempo e anche un po’ gli spazi: strano, visto che in realtà gli spazi, con gli ospiti, si riducono. Ma l’impressione è che i luoghi cambino aspetto e funzione. Scopri che dove si dorme in due si può quasi sempre dormire anche in quattro e che al tavolo di cucina, stringendosi, ci stanno due famiglie intere.

Gli ospiti, però, bisogna saperli scegliere: è indispensabile che ben si adattino alla tua casa, al tuo concetto di ordine, alla flessibilità dei tuoi orari. E tu per disposizione d’animo, senza forzature, è bene che ti adagi sulle loro aspettative, i loro desideri, i loro ritmi. È fondamentalmente questione di fortuna, trovare gli ospiti giusti.

Ultimamente noi abbiamo parecchia fortuna.

Stefano e la Mich quando arrivano fanno finta di non vedere le ragnatele, si incaricano della spesa e sopportano in silenzio il caffè nordestino che gli si propina. Noi, in cambio, si evita di proporre attività ludicoricreative che contemplino l’uso delle gambe come mezzo di locomozione, ci si informa con sincera partecipazione delle attività del Toro e si abbraccia volentieri la filosofia della frutta come rimedio ai mali del mondo.
La Laura, discreta, silenziosa, i primi tempi prendeva possesso degli spazi a lei destinati in punta di piedi. Dopo aver visto lo Splendido nudo non è più la stessa: pare abbia perfino un nuovo taglio di capelli e intraprenda iniziative che sbalordiscono chi la conosceva timida e riservata. Si autoinvita senza pudore: cose da non credere.
La Lia sfida la morte pur di passare un paio di giorni tra i nostri gatti (due o tre non è al momento ancora dato sapere), Van si sveglia all’alba per non perdersi un minuto della preziosa giornata di fancazzismo che lo aspetta.

Noi dal canto nostro in genere non ci sogniamo nemmeno di predisporre un programma per il week end, consci che la rilassatezza è agli occhi del mondo la nostra imprescindibile caratteristica. Il giro turistico di volta in volta prevede al massimo un giretto alla Coop e quattro passi con il cane, volendo, se capita.

Mi sta solo venendo il dubbio che in realtà siamo tutti una manica di noiosi sfaccendati. Dalla prossima volta: sveglia con uno squillo di tromba, adunata per la colazione, saluto alla bandiera e tutti al parco a correre. Pronti?

contenti

Che strano: l’una e mezza di notte, per alcuni è appena iniziata la serata e invece per me è già notte, dopo una giornata da schiantarsi dalla fatica un po’ per le attività un po’ per il caldo, insopportabile. E rendersi conto che in questa giornata l’esercizio della disciplina è andato in una direzione tutta sua: non quella che intendevo io, un’altra. E che però va bene lo stesso.
Allora alla fine di una giornata così, che poi tecnicamente, diciamolo, sarebbe piuttosto l’inizio di un’altra giornata, visto che è l’una e mezza, vale la pena di fare un ultimo piccolo sforzo, e prima di andare a letto dirselo: che va bene lo stesso; si può dormire contenti.

dice lo Zio Bonino

Dice lo Zio Bonino che bisogna avere disciplina.
Non son nemmeno sicura che lo dica lo zio Bonino ma mi sembra di sì, quindi nella mia testa comunque lo dice lui. Mi vedo quasi la sua faccia, mentre lo dice, anche se son quasi certa di averlo piuttosto letto, non sentito dalla sua viva voce; però l’immaginazione fa molto, e a me viene proprio questa immagine chiarissima dello Zio Bonino che leggermente corruciato come in effetti me lo ricordo, corrucciato quasi per natura, anche quando non è veramente corrucciato nelle intenzioni, mentre declama il Verbo: Bisogna avere disciplina!
La faccia dello Zio non so se vi è mai capitato ma non è una faccia buona, mentre declama, e lui lo sa.

Quindi, ecco: da oggi mi metto ad esercitare quell’arte che mi è del tutto estranea in una sfida contro la pigrizia e la cialtroneria che da decenni mi sono fedeli compagne e non ho nemmeno bisogno di stamparmela, la faccia dello Zio, per appenderla nella mia cameretta a memento della mia nuova vita disciplinata, perché mi basta pensarci e zac, lui mi si materializza come una guida spirituale virtuale soprannaturale che veglia su tutti noi.

Questa ovviamente era la prima esecrabile esercitazione

di cacca e altre questioni

Ci sono certi che passano in campagna vicino a un campo concimato e poi parlano della cacca che è stata; altri che subito han voglia di vederci  il giardino che sarà. Han sentito lo stesso odore ma, chissà come, gli ha fatto un effetto diverso.

Ci son persone che ritengono i bambini degli stucchevoli abbozzi di umanità, portatori fin troppo sani di buoni sentimenti e per questo argomento di conversazione piuttosto deprecabile. La tenerezza, il candore, l’amore materno sono banali melensaggini agli occhi di chi non si sa sporcare le mani con un pannolino.

Esistono umani che coltivano il cinismo con passione, pensando che sia sano crogiolarsi nel disprezzo dei mondi altrui per vaccinarsi contro la pericolosa epidemia delle relazioni umane. Son quelli che tutti infiammati dall’apologia della merda disconoscono il valore dell’aspirazione alla bellezza.

un gesto

Riconosco il gesto di una mano a cercare un’altra mano come il più familiare, tra una madre e un figlio.
La prima volta, il primo minuto, il primo istinto è stato quello di toccare dita piccolissime che presto avrebbero imparato a stringere. Per mille e mille giorni quante volte ci siamo cercati in quel modo non saprei dire, in un’abitudine quotidiana a chiedere sostegno, a dimostrare fiducia; ad alleggerire i silenzi più eloquenti e le paure più inconfessate.
Non ci siamo quasi accorti che la necessità di quel contatto, poi, si è diradata: la mano tesa meno urgente mentre imparavamo gesti più adulti, e parole piene.

Non so quando sia successo che è cambiato tutto, così in fretta: quando ieri la tua mano ha cercato la mia non era quella di un bambino che mi stringeva ma quella di un uomo che mi chiamava, per dire emozioni conosciute, con una voce nuova.

la spinosa questione dei Russi

La Sidgi è un po’ che mi dice che devo leggere Guerra e pace; me l’ha anche prestato: son due volumi che una volta avresti detto intonsi, adesso i libri in cui devi farti strada col tagliacarte non esistono più da un pezzo e anzi mi domando sempre come si fa per esempio coi libri digitali, a sapere se uno li ha letti o no. Comunque questo Guerra e pace qua diciamo che è intonso, in senso figurato.

A me che la Sidgi mi presti un libro così, nuovo, mi fa strano: lei i libri li tratta molto bene e non li presta quasi mai e invece a me ne ha prestati parecchi ed erano tutti perfetti e mai sgualciti, segno di una che ha del rispetto; però si capiva anche che le pagine erano state sfogliate e lette con attenzione e che, insomma, non eran libri nuovi.
Questo qui, un po’ che è Guerra e pace, un po’ che pare uscito dalla tipografia mezz’ora fa, incute un certo timore reverenziale.
Quindi oggi che mi son messa in testa che lo dovevo iniziare (e da questo fatto che dico iniziare e non leggere tutto si dovrebbero capire molte cose) son partita per la piscina con Guerra e Pace, gli occhiali e della buona volontà. Poi, siccome in  piscina io comincio a leggere alle 11 e finisco alle 16, non è che vado in piscina per nuotare o per prendere il sole, ci vado per leggere, e non ero tranquilla per niente all’idea di avere solo Guerra e pace nella borsa, pensavo Magari alla terza pagina non ce la faccio più, sai come funziona con questi libri che ciài il timore reverenziale: per precauzione mi son portata anche Le pratiche del disgusto, che quello ero sicura di leggerlo senza problemi, in piscina, e anche Vanity Fair, che come antidoto a un’ eventuale crisi da letteratura troppo colta è perfetto, e infatti ho dovuto finirli tutti e due prima di avere il coraggio di iniziare Guerra e pace.
Mi era successa la stessa cosa con Le anime morte, che prima di affrontarlo, intonso e prestato pure lui, avevo dovuto stordirmi con degli Accalappiacani.
Che poi in quell’occasione, lo confesso, finita la prima parte avevo seguito scrupolosamente il consiglio del traduttore e la seconda parte non ci avevo pensato neanche un attimo, di leggerla.

Poi ho fatto la riflessione che è una fortuna, che la Sidgi si occupi della mia formazione letteraria, anche se non mi spiego perché si ostini a farmi leggere tutti i Russi che a lei non sono andati giù.