le follie del sabato sera

Quando fuori è piuttosto freddo e torni a casa la sera dopo una pizza con gli amici e una passeggiata durante la quale ti si sono un po’ ghiacciate le gambe; e a casa invece è tiepido e il divano ti aspetta, con una coperta, se vuoi; e i gatti, tutti e tre, sono miracolosamente in attesa che tu apra la porta per infilarsi in casa insieme a te e poi mettersi sullo schienale del divano a fare le fusa vicino al punto in cui ti siedi tu: sembra proprio che non ci sia bisogno di nient’altro per il benessere assoluto.

Oppure sì: ci facciamo una tisana?

paure/2

Temo di non saper distinguere tra autostima e presunzione.
Nel dubbio, spesso opto inconsciamente per il bassissimo profilo (quasi sotterrato direi).
Le volte in cui forzo la mia autovalutazione al di sopra del minimo sindacale poi automaticamente mi vergogno di me stessa.

Credo sia una malattia. Certamente non è un pregio.

condizione necessaria e sufficiente

Il sabato mattina è naturalmente il momento migliore di tutta la settimana e secondo me ognuno dovrebbe passarlo nel modo perfetto, perché da questo dipende il benessere non solo di tutto il fine settimana ma anche e soprattutto della settimana successiva.

Il sabato mattina ideale si svolge a letto, almeno fino all’ora più che decorosa delle 11, 11 e mezza, quindi alzandosi entro il limite psicologico delle 12 e cioè giusto in tempo per non essere aggrediti dai sensi di colpa.
Nel frattempo sarebbe bene usare al meglio la mattina con delle attività di svago e/o di relax: concedersi una bella colazione tra le lenzuola stando attenti a non sbriciolare la brioche sulle coperte, sorseggiare il caffè leggendo il giornale o un bel libro, chiacchierare, accarezzare il gatto, dedicarsi ad occupazioni ludico/ricreative di coppia prendendosi il tempo che serve.
Per far questo, è bene liberarsi della prole entro le 7 e mezza, 8 meno un quarto al massimo, allo scopo di poter sfogare la passione senza inibizioni sonore, una cosa che di norma è difficile in una casa abitata da altri: conviene pensarci bene al momento della scelta dell’orario scolastico che può prevedere il sabato a casa oppure no (io consiglio vivamente di no)

Poi resta il tempo per un sonnellino, altre chiacchiere, altri baci, una doccia, scrivere un post in accappatoio mentre tuo marito fischietta (fischietta!).

Niente di meno e niente di più di quel che serve.

“fidati”

Riconosco in te la mia stessa fatica di dire e mi sforzo di non mostrartela, fingendo che siano indolori le parole.
Ti strappo dalla lingua pensieri che non vuoi ammettere o non sai riconoscere, o che vorresti in te eternamente muti.

Ricordo senza rimpiangere, e piango per te ogni lacrima che esce dai tuoi occhi.

Scusa.

Pensiero stupendo (comunque a me non piacciono i macarons)

Oggi ero lì che facevo una cosa che con il cibo non c’entrava nulla: ero a lezione di Pilates, e cercavo di non vedere allo specchio la mia faccia stravolta dalla fatica di tornare a ginnastica dopo una pausa di due settimane: cosa che, come sanno tutti quelli che fanno Pilates,  stronca a morte i tuoi muscoli disabituati all’esercizio. Per fortuna i miei addominali rispondevano abbastanza, ma nel dolore avevo bisogno di concentrarmi su un pensiero che mi alleviasse lo sforzo nella contingenza.

Il pensiero è arrivato.

Mi è venuta in mente quella sera in cui ho caldamente consigliato ai miei compagni di viaggio di assaggiare il macaron di Pierre Hermé, quello al caramello al fleur de sel. Se conoscete questo esempio di perfezione dell’arte pasticciera, sapete che esso provoca una sorpresa, una scossa, un corto circuito delle papille gustative, sollecitate contemporaneamente da stimoli diversi e contrastanti: il dolce dello zucchero, l’amaro del caramello, il salato del burro, in una vera e propria esplosione di sapori e consistenze che subito dopo ti lasciano allo stesso tempo pienamente soddisfatto ma anche già nostalgico di un piacere che (magari non immediatamente) vorrai riprovare.

In quel momento ero quasi dispiaciuta di non poter godere anche’io per la prima volta di questa scoperta che immaginavo meno strabiliante nella reiterazione (e qui comunque, a immaginare sbagliavo).

Destino volle che mia madre, una persona che non ha equilibrio nell’approccio con la gastronomia – soprattutto in viaggio, soprattutto all’estero, soprattutto in Francia, soprattutto a Parigi – si autocandidasse per fare la fila (non lunghissima) nella pasticceria, lasciando la truppa di adulti e bambini ad aspettarla fuori dal negozio.

Una volta a casa, dal pacchettino di Hermé (volevo tenerlo come reliquia ma penso che lo farò la prossima volta) ecco uscire anche un macaron di colore diverso, più chiaro; profumato, sconosciuto.
Un accostamento a cui mia madre non aveva saputo resistere e a cui mi sono avvicinata con trepidazione e curiosità: cioccolato bianco e frutto della passione. Voluttuoso, inebriante, perfetto.

Dov’è il teletrasporto che improvvisamente me ne serve assolutamente uno?