il post definitivo sulla più efficace tecnica di scelta e acquisto di un libro di carta

Oggi, nell’era prima del libro digitale – e non si sa ancora per quanto quindi approfittiamone – esistono ancora le librerie.
Non si capisce come mai – certamente l’Università del South Dakota Orientale ci sta facendo uno studio che sarà pubblicato a breve – ma le librerie esercitano tutt’ora un’attrazione incontrollabile nei confronti di una certa categoria di lettori, quelli che hanno l’insana abitudine di comprare i libri con criteri di scelta diversi dalla scartabellata alla classifica dei bestseller.
L’acquisto del bestseller non ha nulla a che vedere con il cuore: è una cosa di testa, razionale, asettica e per cui al giorno d’oggi non è più necessario entrare in un negozio e, anzi, entrare in un negozio potrebbe risultare (non sempre ma spesso) vagamente umiliante. Per fortuna c’è amazon.

Per l’acquisto guidato dal cuore mi sento di consigliare la consulenza di una guida di riferimento, da selezionare con cura perché dev’essere fidata e capace; nel mio caso è prima su tutte lei, la bibliotecaria che ognuno vorrebbe conoscere, quella che non sbaglia un colpo e che costituisce un inesauribile pozzo di ispirazione, per tutti i gusti e per tutte le occasioni. Come lei ce ne sono poche ma eventualmente può essere utile anche semplicemente il consiglio di un amico di cui conosciamo bene i gusti letterari (funziona esattamente come per i film).
Per questa opzione il negozio è indispensabile solo se non si è sicuri della propria guida, se si deve verificare da vicino che il libro abbia le caratteristiche adeguate (nel mio caso non lo è ma siccome mi piace entrare in libreria qualche volta fingo di dover verificare). 
Questo è certamente un modo per andare sul sicuro anche se so che è un sistema che spesso non soddisfa il lettore che vuole farcela da solo: lo capisco perché a volta sono così anch’io.

Ha a che fare con la pancia, invece, la scelta del libro dentro la libreria. Gironzolare tra gli scaffali è una goduria. Non conosco nessun vero lettore che non provi un piacere fisico a fermarsi in una libreria, fosse anche solo per ammazzare del tempo in stazione tra un treno e l’altro.
A me piacciono le librerie in cui le novità sono esposte in modo visibile e tutti il resto disposto in ordine tra gli scaffali.
Ognuno ha un ordine preferito tra cui spulciare, il mio sarebbe una divisione per casa editrice e poi alfabetico per autore, quindi praticamente una cosa che non esiste. Mi accontento di un ordine alfabetico per autore in scomparti divisi per nazionalità. Sempre meglio di niente. La cosa importante è sapere dove cercare le cose però in alcuni casi anche vagare a casaccio in una libreria sconosciuta può essere un’esperienza.

I criteri di scelta nell’acquisto di un libro sono molteplici e variabili e personalissimi, ognuno ne ha almeno uno ma più probabilmente diversi a seconda del momento e dell’umore e, questa è una cosa di cui sono profondamente convinta, sono tutti giusti.

Vado a spiegare i miei.

1. Sono convinta che i libri si facciano riconoscere. Non trovo affatto disdicevole essere attratti da un volume per la sua copertina come non lo è essere attratti da una persona per la sua faccia. È certamente possibile che poi il contenuto ci deluda ma capita spesso e volentieri che invece l’intuito ci riservi delle piacevoli sorprese.
È altrettanto facile, purtroppo, che un libro ci respinga per colpa della sua copertina, e ci faccia perdere così un’occasione d’oro. Questo, ahimè, è colpa di scelte editoriali infelici: personalmente non comprerei un volume con la copertina glitterata/argentata/in rilievo (faccio un’eccezione per libri che raccontano di notti brave al Muccassassina ma lì la copertina glitterata mi pare d’obbligo) anche se non biasimo chi lo fa, specialmente se ha meno di 12 anni.
Sono sostanzialmente sobria.

2. Il titolo di uno scritto mi attrae o mi respinge quasi quanto il suo aspetto: questo è un vero problema perché i titoli dei libri, specialmente in traduzione, non di rado sono un disastro. Ho sviluppato una specie di idiosincrasia verso tutti quelli in cui L’uomo/la mamma/il ragazzo/la bambina/il vecchio aveva o faceva qualcosa. So che rischio di perdermi storie meravigliose ma, a meno che non siano caldamente raccomandati da uno dei miei spiriti guida di cui sopra, quei libri non torneranno spontaneamente a casa con me.
Sono insofferente.

3. Le seconde, terze e quarte di copertina: le sbircio sempre. Secondo me dicono molto di un  libro. Quando dicono troppo, lascio. Quando non dicono abbastanza, dipende. A mia discrezione, ci mancherebbe.
Sono umorale.

4. Quasi sempre leggo l’incipit. Non perché sia convinta che sia fondamentale cominciare in bellezza, ma perché in genere è sufficiente per farmi capire quando la prosa non fa per me. Credo che il lettore abbia il diritto di farsi innervosire o conquistare dalle prime dieci righe, anche se in realtà gli incipit neutri sono la maggioranza. Ci sono persone affette da una perversione che le porta a leggere le ultime dieci righe, per scegliere un libro: è una cosa che io non farò mai ma le tratto alla stregua dei seguaci di libri glitterati (contenti loro…).
Sono abbastanza influenzabile.

5. Come molti tendo ad affezionarmi ai tipi dell’una o dell’altra casa editrice. Mi disaffeziono, anche. A tratti sono spinta verso l’ignoto. Di sicuro comunque ho delle antipatie feroci verso editori che potrebbero pubblicare anche Leopardi ma non degnerei di uno sguardo.
Sono snob.

6. Difficilmente acquisto libri cartonati. So che è una specie di perversione ma ho una netta predilezione per le edizioni economiche. Costano meno, pesano meno, occupano meno spazio, se la tirano meno. Ma soprattutto costano meno.
Sono tirchia, oppure squattrinata, oppure minimal. Forse tutto insieme.

7. Sono convinta che nessun autore sia infallibile ma se uno scrittore che mi piace pubblica un nuovo libro, metto in atto una verifica dei punti 1, 2, 3, 4, 5, 6 e, se nulla mi disturba, tendenzialmente lo compro. 
Sono fedele con cautela.

L’altro giorno ero giustappunto in una libreria quando un libro mi ha chiamata. Per il titolo, prima; per la copertina, poi; per la casa editrice (a me sconosciuta) alla fine. Mi ha chiamata così tanto che l’incipit non l’ho letto, ho dato solo una scorsa alla terza di copertina e il libro l’ho regalato, sulla fiducia.
Forse non saprò mai se faceva orrore o era bellissimo.
Sono temeraria.