Ci sono certi che a quarant’anni hanno ancora mani da ragazzini. Io, no: le mie sono, da una vita, mani sciupate, mani da vecchia, mani grinzose. Sono al tempo stesso la parte di me che meno mi assomiglia e quella a cui somiglio di più.
Le mie mani sono piccole, come me, e credo che avrebbero potuto essere graziose se la vita e i guai non le avessero trasformate nelle zampette di gallina che sono oggi.
Ci sono stati momenti in cui me ne sono vergognata a morte e le ho nascoste, malate, dentro guanti di filo; protette dagli sguardi con la scusa di proteggerle dal mondo. Ci sono stati giorni – tanti – di tagli e crepe e fuoco e squame e bolle; pelle di serpente e abituarsi a quella pelle fino a credere che fosse la mia.
Oggi guardo le mie mani che non sono belle e però penso che non ho più da vergognarmi, che posso toccare bambini e lavare piatti e stringere altre mani senza sentirmi male, senza sentirmi ripugnante, senza vedermi orribile.
E le mani allora mi paiono perfette, adesso, anche se non lo sono: se la pelle è rugosa, le dita non si abbronzano più e se tradiscono, loro sì, la mia età. Ma non ho più la pelle di serpente e adesso lo so, che non era la mia: e accarezzo i miei figli e lavo le pentole e stringo dita che amo senza piangere e mi sembra bellissimo.