sollievo

Una coperta in più quando hai freddo
l’acqua quando hai i piedi sporchi
la pioggia quando la terra è secca
un refolo quando sudi
un pezzetto di cioccolata quando sei a dieta
il mal di testa quando sta passando
la musica dopo il silenzio
un bacio quando lo speravi
l’aria pulita, sempre

a me gli occhi

Negli ultimi mesi mi è capitato più di una volta di trovarmi tra il pubblico durante una conferenza, un incontro culturale, una lettura e ho scoperto questa cosa che prima non sapevo, anche se poi, a ripensarci, potevo accorgermene prima: quando il presentatore/oratore/relatore  guarda il pubblico, se è molto scafato e abituato alla situazione sposta lo sguardo da uno all’altro nelle prime file o anche in quelle dietro. Se è timido o impacciato o semplicemente non ama essere al centro dell’attenzione, punta gli occhi nei miei dall’inizio alla fine come se parlasse a me e a me soltanto.

Forse ho un superpotere e non lo sapevo

vorrei ma non so

Dovrebbe esistere un tempo massimo entro cui passino di default tutte le ferite dell’anima, e forse c’è, ma quale sia questo tempo io non lo so. Sono certa che qualunque dolore per un abbandono, lutto o amore sfortunato dopo un po’ smetta di sanguinare, anche se ho il sospetto che in certe persone restino cicatrici, nascoste, anche dopo tanto, tanto tempo.

Io certe volte le cicatrici le vedo e però non sono capace di domandare, e lo so, che il confine tra  la discrezione e il disinteresse è sottile.
Non ho rimedio, come non ho rimedio al tempo che tarda a fare il suo dovere

la seconda cosa bella

Stamattina, il posto dove in assoluto avrei voluto svegliarmi era una tenda, sotto una pineta, vicino al mare. Mi sarebbe piaciuto sentire per prima cosa il profumo balsamico degli aghi di pino, poi quello salato e ventoso dell’acqua mischiato al rosmarino.
Sarebbe stato bello fare colazione col freschino della mattina, all’ombra, sotto gli alberi.

Il secondo posto dove avrei voluto svegliarmi era casa mia, anche se a casa mia tutti quei profumi non ci sono, e infatti ho aperto gli occhi nel mio letto, e fuori c’era comunque un odore pulito di verde umido e di notte appena passata, un odore che poi viene il sole a cancellare.
È stato bello fare colazione col freschino della mattina, all’ombra, in giardino.

Qualche volta per essere felici bisogna sapersi accontentare.

pensierino: la mia famiglia

Oggi a casa mia c’è una ricorrenza: un compleanno.

Non ci stavo neanche veramente pensando, ma si è materializzata nella mia testa questa realtà che esistono persone con cui non hai alcun legame di sangue e con cui non convivi e che però, quando dici “festeggiamo in famiglia”, sono automaticamente incluse nel tuo gruppo affettivo di casa.

(ok, l’italiano è migliorabile, ma il concetto era quello)

scappano

Oggi mi piacerebbe scrivere ma ho mal di testa, mi danno fastidio gli occhi e quindi meglio di no. Peccato perché forse avevo qualcosa da dire e domani forse mi saranno scappate le parole.

Come al solito.

un dettaglio

Ieri per mio figlio è stata la prima volta in cabina elettorale. Forse era un po’ emozionato, non so: sicuramente ci teneva, e aveva ragione perché era una cosa importante, una cosa da grandi.

La mia prima volta, invece, io non me la ricordo, e forse so perché. Forse quella volta non ero agitata perché sapevo già tutto. E lo sapevo perché in verità, la mia prima volta, era stata insieme a mia nonna, all’età (mia, non di mia nonna) di – forse – sette anni, quando mi avevano lasciata entrare nella cabina con lei, e a me quella cosa di votare era sembrata bellissima e avevo guardato bene come si doveva fare.

Poi da grande ho votato quasi sempre perché quella cosa negli anni ha continuato a sembrarmi importante e bellissima, come concetto. Una cosa, nel concetto, ancora rivoluzionaria, a pensarci.
Perfino ieri, che in realtà non sapevo affatto cosa scegliere e non mi sembrava giusto che domandassero a me cose di cui non sapevo abbastanza, ed ero comunque sicura che il quorum fosse lontano milioni di miglia, ci sono andata.
E nel mentre pensavo: “Che peccato, che votare sia diventata questa cosa qua. Un dettaglio”

tapirulàn/2

Dopo due o tre settimane dall’acquisto del tapis roulant sono  queste le cose che ho capito:

Dopo i primi venti minuti, che sono i più noiosi, uno può anche camminare all’infinito.

Nei programmi americani alla TV la gente è sempre bella e bionda, a meno che non siano serie trash su persone obese, disagiate, nane o deformi.
Se hai superato i trent’anni sei interessante solo se ne dimostri sessanta e vuoi affrontare un intervento di chirurgia estetica estrema per tornare alla tua età reale, cioè 31.

Negli stessi format in altre parti del mondo le persone sono normali, spesso né belle né brutte, e ti prendono nei cast dei programmi anche 40 anni e oltre.
Se sei i Pooh o Raffaella Carrà anche molto oltre.

Nei telefilm polizieschi canadesi ci sono le sparatorie ma senza dettagli splatter e quasi sempre senza morti.
La gente il pomeriggio a casa offre agli ospiti il tè fatto con la teiera e non con le bustine dentro la tazza come fanno gli americani statunitensi quando non bevono il caffè, e cioè quasi mai.

Correre, dopo due minuti mi sono già frantumata le palle. Non lo faccio più.

Il tapis roulant, i gatti lo pisciano.

camper non pervenuto

Da qualche tempo ho questa voglia di tornare in campeggio: il campeggio è la vacanza per eccellenza, nel mio immaginario (immaginario supportato da ricerche empiriche tipo alcuni decenni passati tra roulotte, carrello tenda,  canadese/igloo e una fantastica tenda a casetta Ferrino usata una volta e poi riposta in garage, mio malgrado).

Adesso mio marito si è messo a guardare le moto sull’internet, me ne ha anche mostrate due, una rossa e una gialla, le marche non me le ricordo, i modelli non li ho nemmeno chiesti. Belle.
“Quale preferisci?” mi ha chiesto.

Vado a spolverare la tenda.