Non so se l’ho già scritto da qualche parte ma una delle cose della mia infanzia e giovinezza che ho sempre detestato durante i pranzi cene e merende in famiglia era che puntualmente capitava che qualcuno avesse un dubbio su una parola. Poteva essere che mio padre tirasse fuori un vocabolo arcaico oppure anche solo vagamente desueto e qualcun altro chiedesse spiegazioni, oppure che si usasse un termine improprio, o straniero, o dialettale; un neologismo, una parola dall’etimo incerto, un termine tecnico di cui gli altri commensali non conoscessero il significato o dubitassero della correttezza: ogni volta ne usciva una discussione infinita, ognuno si premurava di dire la sua sperando che alla fine del confronto si potesse fare un referendum, una votazione, un’acclamazione che ponesse fine alla questione. Invece l’ultima parola spettava sempre a mio padre il quale, senza nemmeno prendere in considerazione la possibilità di alzarsi dalla sedia, guardava una di noi e ordinava: “Prendi il vocabolario/dizionario bilingue/monolingue/etimologico/dei sinonimi e contrari; italiano/inglese/francese/veneto/spagnolo/tedesco”.
Il reparto vocabolari, abbastanza fornito, a casa dei miei è da sempre nella stessa libreria, in una specie di anti-anticamera a cui si accede salendo una rampetta di una decina di gradini, sufficienti a suscitare nell’adolescente medio un moto istantaneo di fastidio per l’incombenza più imposta che scelta. Un incubo quasi quotidiano.
Oggi a pranzo, a casa dei miei, a un certo punto (perché nelle famiglie le abitudini non cambiano nemmeno dopo decenni) parlavamo di libri elettronici e calligrafia e, non chiedetemi perché, qualcuno ha confessato di avere un dubbio sull’ortografia della parola grattugia. I veneti si sa che han problemi con le doppie.
Insomma, per farla breve, dopo che ognuno ha detto la sua, ho sentito la mia voce proporre:”Ma per essere sicuri cerchiamo nel vocabolario, dài!”
Mi sono alzata e ho fatto i dieci gradini che mi separavano dal reparto dizionari. Di mia spontanea volontà.
Sto inesorabilmente invecchiando.